A cura di Omar Manini.
Sophie Auster @teatroescuola
Con un cognome così, e l’eredità che ne deriva, c’è il rischio di finire schiacciati dalle strette maglie del paragone, dai farraginosi ingranaggi dell’emulazione o dalla scottante inclinazione alla ribellione. Ma c’è la possibilità che tutto questo bagaglio e la conseguente sensibilità artistica trovino una loro forma espressiva, fertile e fortemente rappresentativa.
È questo il caso di Sophie Auster, figlia della scrittrice Siri Hustvedt e di quel Paul Auster che da molti viene indicato come il più grande scrittore americano vivente.
Cantautrice di squisita raffinatezza che, partendo dagli echi letterari di cui si è sempre nutrita (l’esordio fu a diciassette anni con famose poesie in musica), abbina un gusto vintage ad una voce calda, potente e profonda. La musica e le performance di Sophie sono caratterizzate dal piacere di una teatralità ricercata, mai di maniera, ma sempre vibrante, espressiva e sensuale. In Sophie tutto è un perfettamente organico: un condensato artistico in cui l’atto performativo diventa puro piacere ipnotico, in naturale equilibrio tra la dolce ingenuità e un’ammiccante sensualità. E tra la malinconica, dolente, nostalgia e l’energico divertimento.
Mezz’ora a settimana è protagonista di “Friday’s with Sophie!” su Instagram: pensieri e canzoni unplugged (dal suo appartamento newyorkese) da condividere con tutti i suoi fan. Quando l’abbiamo sentita, ha accolto con assoluto piacere la nostra proposta di scambiare due parole…
Chi è Sophie?
Sono semplicemente un’artista.
Estetica e introspezione: in quale relazione entrano nel tuo atto creativo? e nella tua vita?
Per me, si mescolano. I fiori che ho messo sul mio tavolo, gli abiti che scelgo di indossare sul palco e i libri allineati sulle mie pareti fanno parte di un mio gusto estetico, ma forniscono anche l’ispirazione per il mio lavoro e la mia vita. Sono forma e contenuto insieme; quello che c’è dentro i libri, immaginare l’impressione che il mio nuovo abito farà durante un’esibizione o pensare alle peonie che mi ricordano mia madre…
Ascoltando le tue canzoni, mi sembra di viaggiare in una sospensione di tempo e spazio per entrare in una dimensione onirica. Cosa rappresentano le tue canzoni per te?
Trovo che molte delle mie canzoni escano inconsciamente da me ed è solo dopo che sono state scritte, e sono costretta a parlarne, che realizzo di cosa si tratta davvero. Certo, a volte decido anche di scrivere un tipo specifico di canzone. Ad esempio, se mi rendo conto di aver scritto delle ballate per settimane, mi costringo a scrivere una canzone allegra e divertente. Le mie canzoni fanno parte di me. Toccano molti argomenti e scivolano in generi diversi. Sono eclettiche come me.
Hai dichiarato che l’entusiasmo è fondamentale per te; dove lo cerchi?
Non sono mai stata una persona “blasé”. Sono completamente l’opposto. Sento le “farfalle” ogni volta che mi esibisco, sia sul palco che ora su streaming live, e sono entusiasta del mio lavoro. C’è troppo da vedere, leggere, guardare e ascoltare per non essere ispirati. Con tutto ciò che faccio, cerco di immergermi completamente in ogni cosa che mi accade.
Secondo me la musica è armonia, gioia, liberazione. Il mondo ne è inondato, ma nella vita reale i valori spesso cambiano. Perché? Cosa speri di seminare con le tue canzoni?
Per me la musica è l’arte più unificante di tutte. Non è che tutti abbiamo gli stessi gusti, ma ritmi e battiti fanno parte di ciò che siamo. Ci ricorda che siamo vivi. La musica è una fuga. Il “rhythm and blues” è stato inventato dalla schiavitù, dall’oppressione e dall’orribile razzismo. Abbiamo sempre avuto bisogno della musica per regalarci gioia, catarsi e armonia in un mondo che, il più delle volte, cade a pezzi.
Questo periodo ci costringerà a riorganizzare molte cose; il mondo dell’intrattenimento può trarne beneficio?
Penso che il mondo dello spettacolo, in questo momento, stia mostrando quanti artisti resilienti e capaci ci siano. I musicisti come me si sono adattati a questo nuovo ambiente trasmettendo in streaming i concerti e creando in “home studio”. Non è l’ideale e, naturalmente, desidero collaborare di nuovo insieme alle persone e tornare in tour. Spero che dopo essere usciti dall’isolamento, il business della musica apprezzerà maggiormente i suoi artisti e farà di più per loro, promuovendoli su piattaforme diverse.
C’è un posto, fuori dal teatro, dove vorresti portare la tua musica?
Vorrei continuare a utilizzare la mia musica in film e tv. Mi piacerebbe anche scrivere un tema musicale per una serie.
La musica è più un modo per entrare in contatto con se stessi o con gli altri? un percorso di crescita o stabilizzazione? è un atto d’amore?
La musica è sicuramente il modo in cui mi metto in contatto con me stessa e, se mi capita di arrivare agli altri, mi sembra di aver fatto il mio lavoro. Per ogni canzone che scrivo, ogni esperienza di registrazione che ho e ogni tour che faccio, imparo di più su me stessa. Con ogni nuovo passo cerco di spingermi oltre. È questa la parte più eccitante nel fare quello che faccio.